Lezioni di vita da un adottato – Parte 6

Questa è una serie scritta da Tamieka piccolo, adottato dall'Etiopia in Australia.

'Sii il tuo stesso eroe, sii il tuo stesso salvatore, manda tutta la tua sofferenza nel fuoco. Nessun piede, segna il tuo terreno, nessuna mano, ti tenga giù.'

Patrizio Lupo

Non so voi ma come donna siamo alimentati forzatamente l'idea fin da quando eravamo bambine che un grande uomo forte arriverà e 'salvaci' dai nostri problemi e risolvere tutti i nostri problemi. E forse non tutti ci credevano alla lettera, ma penso che scoprirai che soprattutto per le donne la fantasia potrebbe indugiare nel nostro subconscio più di quanto pensiamo. A volte può essere una narrazione in cui ci collochiamo inconsciamente, specialmente nelle relazioni in cui tutte le nostre paure interiori e le convinzioni malsane si rispecchiano in noi. So anche, specialmente per le giovani generazioni, che l'amore è dipinto come questo lieto fine in cui il partner verrà e risolverà tutti i nostri problemi se troviamo solo quello giusto, quando in realtà non è responsabilità di nessun altro se non nostra risolvere il nostro i problemi.

Forse è solo la natività che viene con la giovinezza e il giovane amore. E per me personalmente credevo che da piccola e da grande pensassi che fino a un certo punto il mio partner dovesse essere lì per affrontare ogni battaglia con me, sostenermi, essere una spalla su cui piangere, tifare su di me, per essere tutto per me, e ho attraversato una relazione co-dipendente abusiva di 3 anni per rendermi conto che non è amore. La sua co-dipendenza. E la co-dipendenza tende a verificarsi con persone che non hanno lavorato su se stesse e sui loro meccanismi malsani di adattamento ai meccanismi di difesa per avere una definizione malsana di cosa sia l'amore.

Con l'adozione da bambina in un modo o nell'altro, sognavo di ricevere una lettera dalla mia famiglia natale per posta e per raccontarmi tutto sul motivo per cui mi hanno abbandonato. Per venire a salvarmi dal mio la solitudine, dal sentirmi come se non appartenessi a questo paese o comunità. Mi sembrava di essere un alieno caduto dal cielo senza storia, senza passato, solo una tela bianca. Ricordo di aver visto film come 'Lilo e Stitch' e sentirsi esattamente come Stitch; che era esattamente un alieno senza veri genitori e che cercava così tanto di capire perché non lo facesse. Mi sentivo come ogni eroe ed eroina che non aveva una storia passata e spesso fantasticavo di essere improvvisamente portato via in un'avventura, dove avrei scoperto una storia epica sulle mie radici e sulla mia famiglia natale e realizzato il mio posto nel mondo.

Fondamentalmente stavo aspettando che qualcuno venisse a salvarmi, per aiutarmi a capire il mio dolore ma non è mai venuto nessuno. E questo è stato devastante.

Quello che ho capito crescendo, e dall'avere esperienze in relazioni diverse, che dovevo salvarmi ero io. Ero la donna che doveva prendere la spada e combattere le mie battaglie, per scoprire la mia verità, per asciugarmi le lacrime dal viso. Dovevo essere l'eroe della mia stessa storia. Dovevo essere io a disimballare il mio trauma e i meccanismi malsani di coping, la definizione malsana dell'amore e guarire me stesso perché nessun altro l'avrebbe fatto per me. E francamente non è responsabilità di nessun altro se non mia. Penso che come adottati dobbiamo rendercene conto, assumerci la responsabilità del nostro dolore e del nostro trauma e fare i passi per svelarlo e guarire noi stessi.

Perché onestamente se ci viene detto da bambini o traumatizzati in una narrazione in cui dobbiamo fare affidamento sugli altri per la nostra felicità e il nostro salvataggio dal nostro dolore o sofferenza; ci liberiamo del nostro potere personale per farlo. Ci mettiamo in una narrazione in cui diventiamo ancora più impotenti di quanto già immaginavamo di essere orfani, bambini o adottati. Ma abbiamo una scelta quando arriviamo all'età adulta; possiamo scegliere quale sia la nostra narrazione, abbiamo il potere, la proverbiale penna della nostra storia nelle nostre mani.


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